A sera inoltrata del 30 aprile gli uomini del paese, con una prevalenza dei giovani, si riuniscono in qualche locale e luogo stabilito per concordare le procedure e le modalità del rito che ripeteranno e concluderanno prima dell'alba. Scelto un albero dal fusto il più possibile alto e slanciato si recano ad abbatterlo con la circospezione e la prudenza che il caso richiede. Infatti, benché per tradizione si tenda a scegliere un albero della proprietà comunale, tuttavia quando se ne ravvisi la necessità, si può anche utilizzare un albero di proprietà privata. In questo caso la norma consuetudinaria prescrive che i tagliatori possano essere accusati di danneggiamento e di furto solo nel caso in cui il proprietario li sorprenda entro il perimetro del proprio fondo agricolo o li raggiunga in piazza, prima che suonino le campane. Tagliato l'albero, che non di rado supera i dieci metri, si provvede al trasporto a spalla del fusto fino alla piazza principale del paese, dove, sempre con il concorso di tutti, badando a non far molto rumore e a concludere il rito prima dello spuntare del giorno, viene issato accanto al campanile. A questo punto la comitiva provvede a suonare le campane a festa e a risvegliare tutto il paese, che accorre in piazza ed esprime commenti e giudizi sul ju calenne, congratulandosi per la buona riuscita dell'evento. L'albero resterà piantato vicino al campanile fino al 30 maggio, quando sarà nuovamente abbattuto per essere tagliato a pezzi e venduto all'asta per contribuire alle spese per la festa di Sant'Antonio del giglio.
M. C. Nicolai "Rivista D'Abruzzo"
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