Con il nome di panarda si indica, specialmente nell'Aquilano, un rituale di consumo collettivo del cibo che consiste in un banchetto allestito in precise ricorrenze calendariali. L'aspetto più spettacolare della panarda, almeno attualmente, sta nella quantità delle portate che possono superare anche il numero di cinquanta e nella etichetta che impone ai commensali di onorare la tavola, consumando tutte le vivande portate in tavola. Per quanto riguarda il cibo, la panarda, accanto ad un repertorio di vivande e di specialità gastronomiche locali, presenta alcuni alimenti fissi che non possono mancare in nessun caso. Essi sono: brodo di gallina e vitello, il caldaio del lesso, maccheroni carrati all'uovo con ragù di carne di pecora e detti "di Sant'Antonio", la pecora alla cottora, le fave lessate e condite, le frittelle di pasta lievitata, le ferratelle, la frutta con cui sono confezionate le corone e la panetta. La cena si protrae per tutta la notte, sia per dare modo ai convitati di consumare agevolmente le portate, sia perché il servizio ogni tanto è intramezzato da momenti di preghiera e dal canto di formule religiose, sia perché infine, ad una certa ora, le case dei panarderi vengono visitate dalle compagnie di questua. Mentre nelle piazze ardono enormi falò di legna, gruppi di cantori prendono a girare le strade e a visitare le case dove il loro arrivo è atteso e ben accetto e le loro esecuzioni sono ricompensate con cibo e somme di denaro. Le visite dei gruppi e dei canterini durano fino alle ultime ore della notte, dopo di che vengono riordinate le mense e viene servita l'ultima portata: un piatto di fave lesse, accompagnate dalla panetta, che è una speciale preparazione di pasta lievitata a cui sono state aggiunte le uova.
M. C. Nicolai "Rivista D'Abruzzo"
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